Viaggio nei comuni italiani che revocano la cittadinanza onoraria a Mussolini: un fenomeno storico contemporaneo
Un significativo movimento amministrativo sta attraversando l’Italia: numerosi comuni stanno revocando le cittadinanze onorarie concesse a Benito Mussolini durante il ventennio fascista. Questo fenomeno simbolico, che sta coinvolgendo amministrazioni da nord a sud della penisola, rappresenta un impegno concreto nel riaffermare i valori costituzionali e antifascisti fondanti della Repubblica Italiana. Le revoche non sono semplici atti burocratici, ma vere e proprie prese di posizione che collegano la memoria storica all’attualità democratica del paese.
San Clemente: dalla revoca a Mussolini al riconoscimento di Matteotti
Il comune romagnolo di San Clemente (Rimini) ha approvato all’unanimità la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini il 24 aprile 2025, decidendo contestualmente di conferirla postuma a Giacomo Matteotti. La sindaca Mirna Cecchini ha evidenziato il valore di questa scelta: “Oggi compiamo un atto dovuto, cancelliamo una pagina buia della nostra storia per scriverne una luminosa, dedicata a chi ha dato la vita per la libertà”.
La scelta di Matteotti non è casuale: il deputato socialista, assassinato nel 1924 su ordine del regime fascista, rappresenta una delle più importanti figure dell’opposizione democratica al totalitarismo. L’amministrazione ha accompagnato la decisione con iniziative culturali nelle scuole del territorio, promuovendo un approfondimento storico sul fascismo e sui valori della Resistenza.
Salò: un atto simbolico dalla ex capitale della Repubblica Sociale
Particolarmente significativa è la revoca avvenuta a Salò, ex capitale della Repubblica Sociale Italiana. Il consiglio comunale ha votato con 12 voti favorevoli e 3 contrari per cancellare dagli albi d’oro il nome del dittatore. Il sindaco Francesco Cagnini, 29 anni, ha dichiarato: “I valori rappresentati da Mussolini sono incompatibili con la nostra Costituzione. Abbiamo voluto dare un segnale chiaro che anche nei luoghi più emblematici del fascismo, l’Italia democratica ha definitivamente chiuso i conti con quel periodo buio della nostra storia”.
La decisione assume un valore simbolico straordinario proprio per il legame storico tra Salò e il fascismo dell’ultima ora, essendo stata la sede del governo della RSI dopo l’8 settembre 1943, uno stato fantoccio sotto il controllo nazista.
La mappa delle revoche: un fenomeno nazionale
Secondo le ricerche d’archivio, oltre 2.000 comuni italiani concessero la cittadinanza onoraria a Mussolini tra il 1922 e il 1943. Dal dopoguerra a oggi, almeno 70 amministrazioni hanno formalmente revocato il riconoscimento, tra cui città significative come Napoli, Matera, Seregno e Fano. Questi numeri rivelano quanto fosse capillare l’uso degli onori civici come strumento di consolidamento del consenso durante il regime.
Come evidenziato dal Comune di Isernia nelle sue deliberazioni, molte cittadinanze furono concesse nel 1924 sotto pressione delle autorità fasciste, spesso attraverso esplicite sollecitazioni prefettizie. In particolare, dopo il delitto Matteotti, il regime intensificò la ricerca di legittimazione attraverso riconoscimenti formali da parte delle istituzioni locali.
Il fondamento costituzionale delle revoche
Le amministrazioni che procedono alla revoca sottolineano come questa non costituisca un atto revisionista, ma un chiaro riferimento ai principi costituzionali. Come ha precisato il Consiglio Comunale di Ozzano dell’Emilia nella sua delibera: “Mantenere la cittadinanza onoraria a chi ha tradito i principi democratici su cui si fonda la nostra Repubblica sarebbe in contraddizione con i valori costituzionali che guidano l’amministrazione pubblica”.
Molti comuni estendono questo processo di revisione anche ad altri gerarchi fascisti. A Ustica (Palermo), ad esempio, è stata discussa la revoca delle onorificenze a Roberto Farinacci e Pietro Lanza di Scalea, dimostrando come il processo non si limiti alla figura del dittatore, ma coinvolga l’intero apparato del regime.
Santa Maria Hoè: quando la storia riemerge dagli archivi
Un caso emblematico è quello di Santa Maria Hoè, piccolo comune lombardo che ha scoperto solo nel 2024, durante la digitalizzazione dell’archivio storico, di aver conferito la cittadinanza onoraria a Mussolini nel 1924. “È stato come trovare un reperto archeologico indesiderato”, ha commentato il sindaco. “Abbiamo subito deciso di cancellare questo atto che non rappresenta in alcun modo i valori della nostra comunità”.
Questo episodio dimostra come la memoria storica possa riemergere inaspettatamente, portando le comunità locali a confrontarsi con decisioni prese quasi un secolo fa, in un contesto politico e sociale completamente diverso.
Il valore educativo e le controversie
Secondo il documento di fact-checking dell’Università di Pisa, questi atti assumono un importante valore civico, incentivando “un’impronta critica sulla selezione delle informazioni storiche”. Gli storici concordano nel riconoscere il valore simbolico delle revoche, sottolineando però la necessità di accompagnarle a progetti educativi per le nuove generazioni.
Non mancano tuttavia le controversie. In diversi comuni, come Mira (Venezia) e Terni, le proposte di revoca hanno diviso i consigli comunali, evidenziando tensioni tra memoria storica e attualità politica. Le posizioni si dividono tra:
- Chi considera queste revoche gesti tardivi e puramente simbolici
- Chi ne sottolinea l’importanza come strumenti di educazione civica e vigilanza democratica
Memoria attiva e democrazia: un legame indissolubile
Ciò che emerge da questo fenomeno è la natura dinamica della memoria collettiva italiana. A quasi ottant’anni dalla caduta del fascismo, le comunità locali continuano a sentire il bisogno di riaffermare la propria identità democratica attraverso atti che prendono le distanze dal regime. Come ha dichiarato la sindaca di San Clemente: “Non si tratta solo di cancellare un nome da un registro, ma di scegliere quali figure rappresentano i valori fondanti della nostra comunità”.
In questo senso, le revoche diventano anche affermazione positiva di principi democratici, ricordando che la democrazia non è un dato acquisito una volta per tutte, ma un valore da difendere quotidianamente. Il presidente dell’ANPI, Gianfranco Pagliarulo, ha efficacemente sintetizzato: “Queste revoche dimostrano che la memoria antifascista è viva nelle comunità locali. Non si tratta di cancellare la storia, ma di riaffermare che i valori della Resistenza e della Costituzione sono incompatibili con qualsiasi forma di nostalgia per il ventennio”.
Il fenomeno delle revoche delle cittadinanze onorarie a Mussolini rappresenta dunque molto più di un atto amministrativo: è una testimonianza di come la storia continui a dialogare con il presente, contribuendo alla costante ridefinizione dell’identità democratica italiana.
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